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La sentenza del tribunale apre la strada alla sentenza contro la nuova legge sulla cittadinanza italiana

La sentenza conferma il diritto al sangue e rafforza la base giuridica per una nuova contestazione.

Antonio Tajani, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana, autore del decreto che ha imposto restrizioni al riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza.
Antonio Tajani, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana, autore del decreto che ha imposto restrizioni al riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza.

A sentenza n. 142/2025 della Corte Costituzionale italiana, pubblicato questo giovedì (31), non solo ha confermato la validità della Cittadinanza italiana per discendenza (iure sanguinis) per i processi anteriori al Decreto Tajani, ma ha anche posto solide basi giuridiche che potrebbero giovare direttamente al processo di nuova impugnazione della Legge n. 74/2025, previsto tra la fine del 2025 e l'inizio del 2026.

La Corte ha ritenuto inammissibili e infondati i tentativi di limitare il riconoscimento della cittadinanza per legame di sangue sulla base di criteri quali l'assenza di legami territoriali o una minaccia alla democrazia. Ha inoltre ribadito chiaramente la natura originaria e permanente del vincolo di filiazione come base per Cittadinanza italiana:

“Lo status civitatis fondato sul vincolo di filiazione ha carattere permanente e è imprescrittibile [e] giustiziabile in ogni tempo in base alla semplice della fattispecie acquisitiva integrata dalla citadina da cittadino italiano.”

“Lo stato di cittadino fondato sul vincolo di filiazione è permanente e imprescrittibile e può essere riconosciuto in ogni tempo con la semplice prova della nascita di un figlio di cittadino italiano.”

Questa comprensione sarà cruciale nel giudicare la costituzionalità della Legge 74 / 2025, che impone restrizioni al riconoscimento della cittadinanza in base a criteri quali la generazione e la residenza in Italia.

La Corte ha ricordato che il Parlamento ha autonomia legislativa, ma ha messo in guardia dai limiti di tale azione:


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“Compete al legislatore individuare i presupposti per l'acquisizione dello status di cittadino, ma spetta a questa Corte accertare – al metro della non manifesta irragionevolezza e sproporzione – che le norme che regolano l'acquisizione dello status civitatis non si discotino dai principi costituzionali.”

“Spetta al legislatore definire i criteri per l’acquisizione dello status di cittadino, ma spetta a questa Corte verificare – alla luce dell’assenza di manifesta irragionevolezza e sproporzionalità – che le norme che regolano la cittadinanza non si discostino dai principi costituzionali.”

La corte ha respinto l'interferenza politica

Un altro punto importante della sentenza è stato il rifiuto della Corte di assumere un ruolo legislativo, respingendo le richieste di modifica della norma attraverso l'intervento giudiziario:

“Ciò che è ricco in questa Corte è un intervento manipolativo estremamente complesso che può raggiungere una maggiore estensione delle opzioni, risultando in una maggiore qualificazione nella maggiore profondità della discrepanza e che è più incisivo nella conoscenza del sistema.”

“Ciò che si richiede a questa Corte è un intervento manipolativo estremamente complesso, che comporterebbe scelte ampiamente discrezionali e con forti ricadute sul sistema.”

Con ciò la Corte ha rafforzato la legittimità della cittadinanza per sangue e i limiti costituzionali per future modifiche legislative.

Il passo successivo: la sentenza della legge 74/2025

Il 25 luglio il Tribunale di Torino ha accolto una nuova richiesta di valutazione di legittimità costituzionale della legge 74, presentata dall'AGIS (Associazione Giuristi Iure Sanguinis) e da AUCI (Avvocati Uniti per la Cittadinanza Italiana)L'azione sarà esaminata dalla Corte nei prossimi mesi.

Nel frattempo, le cause legali intentate prima del 27 marzo 2025 restano tutelate dalle norme precedenti.

La sentenza 142/2025 funge da fondamento giuridico per la nuova fase: non abroga la nuova legge, ma chiarisce che i criteri futuri dovranno rispettare anche i principi della Costituzione italiana.

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