O Decreto Legge 36/2025, limitando il riconoscimento di Cittadinanza italiana basato sulle generazioni, riprende una forma di discriminazione già dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale italiana.
L'avvocato Maria Celeste Ramirez cita la sentenza del 1975 (frase 87), che ha annullato parte della legge 555/1912 impedendo alle donne italiane di trasmettere la cittadinanza ai propri figli. «La Corte ha riconosciuto che negare il diritto alla cittadinanza in base al genere viola il principio di uguaglianza previsto dall’articolo 3 della Costituzione», si legge.
Secondo lei, questo precedente avrebbe consolidato il diritto alla trasmissione materna, fino ad allora ignorato. "È stato grazie alla giurisprudenza basata su questo articolo che la trasmissione materna della cittadinanza è stata finalmente riconosciuta. Tornare indietro ora, creando barriere tra le generazioni, sarebbe contraddittorio e ingiustificabile", afferma.
Per Ramirez, il nuovo decreto crea disuguaglianze tra i discendenti, violando un principio già tutelato. «Stabilire limiti generazionali significa trattare i cittadini in modo diverso, il che viola direttamente la Costituzione», sostiene.
Critica inoltre l'uso del decreto per alterare il principio di ius sanguinis. "Questo è un diritto che non si acquisisce: viene riconosciuto. I pronipoti e i pronipoti degli italiani non chiedono un favore, stanno semplicemente dimostrando un fatto giuridico che esiste fin dalla nascita", ha affermato in un articolo pubblicato sul sito web. Fatti Nostri.
Retroattività e incertezza giuridica
Il giurista mette inoltre in guardia dal carattere retroattivo della norma. Secondo lei, milioni di discendenti, tra cui pronipoti e pro-pronipoti, sarebbero nati italiani, in realtà, solo grazie al riconoscimento documentale.
"I loro legami di sangue li rendevano già cittadini italiani. Negarglielo ora è un attacco alla certezza del diritto e ai diritti acquisiti."
Mancanza di urgenza e violazione costituzionale
Ramirez sostiene che il decreto non soddisfa nemmeno i requisiti di urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione italiana. Per lei, il governo ha utilizzato in modo inappropriato uno strumento eccezionale.
"Il potere d'emergenza deve cessare non appena finisce l'urgenza. Qui, non esisteva nemmeno", afferma.
Ricorda che la Corte Costituzionale ha già dichiarato invalidi decreti con analogo vizio di origine, come nelle sentenze n. 29/1995, n. 360/1996 e n. 171/2007.
