Il nuovo disegno di legge su Cittadinanza italiana dovrà essere votata al Senato tra il 13 e il 15 maggio. La strategia del vicepremier Antonio Tajani è quella di dare poco tempo al dibattito in Aula e di approvare il testo quando esce dal Senato.
O Decreto legge 36 deve essere convertito in legge entro il 27 maggio. In caso contrario, perderà validità.
Lo dice il deputato Franco Tirelli, del MAIE (Movimento comesItaliani all'estero), la discussione è ferma dalla scorsa settimana, quando la Commissione Affari Costituzionali ha sospeso una sessione in seguito alle proteste. La riunione è stata riprogrammata per l'8 maggio, posticipando la votazione alla settimana successiva.
«Il governo non vuole cambiare nemmeno una virgola», ha detto Tirelli. Secondo lui Fratelli d'Italia – partito del premier Giorgia Meloni – e Forza Italia seguono rigorosamente le linee guida del Ministero dell'Interno – di Antonio Tajani – e rifiutare qualsiasi negoziazione.
Un esponente della Lega ha confermato questa difficoltà – e strategia – ao Italianismo.
Il governo ignora i suggerimenti anche degli alleati
Tra i 108 emendamenti in discussione, la Lega propone di limitare la Cittadinanza italiana solo ai nipoti di italiani, anche senza il requisito della nascita in Italia. La proposta rafforza il principio di ius sanguinis — il diritto alla cittadinanza per sangue — e coincide con la posizione del MAIE. Il movimento guidato da Ricardo Merlo ha presentato anche degli emendamenti che eliminano il requisito di essere nati su suolo italiano.
Non sono solo i partiti che sostengono Meloni ad aver avanzato proposte — fino ad allora — ignorato. Anche l'opposizione ha preso posizione.
In totale sono stati presentati più di 70 emendamenti: 42 del Partito Democratico, 17 del Movimento 5 Stelle, 13 di Italia Viva e 4 di Alleanza Verdi e Sinistra. Molti criticano la rigidità del testo e chiedono garanzie per i discendenti degli italiani nati fuori dall'Italia.
Ci si aspetta che, nonostante le critiche, il governo approvi la nuova legislazione. – già ritenuta incostituzionale dai giuristi italiani – con il sostegno della maggioranza che sostiene il premier Giorgia Meloni.
