La Corte Costituzionale italiana ha dichiarato, il 7 marzo 2025, l’illegittimità costituzionale del requisito di comprovare la conoscenza intermedia della lingua italiana per gli stranieri che chiedono l’ammissione al cittadinanza per matrimonio o naturalizzazione, quando si tratta di persone con disabilità, gravi malattie o età avanzata.
La decisione, basata sulla frase n. 25, lo ha reso noto il Servizio Comunicazione e Stampa della Corte.
Secondo il comunicato ufficiale, la norma che subordina l'ottenimento della cittadinanza alla dimostrazione della conoscenza della lingua italiana viola il principio di uguaglianza previsto dalla Costituzione italiana. Il requisito è ritenuto sproporzionato per gli stranieri con gravi disabilità intellettive, debitamente comprovate da certificazioni mediche rilasciate dalla rete sanitaria pubblica.
Uguaglianza e inclusione
La decisione risponde al ricorso presentato dal Tribunale Amministrativo Regionale di Emilia-Romagna, che ha messo in discussione la legittimità dell'articolo 9.1 della legge n. 91 del 1992. Tale articolo era stato modificato dal decreto sicurezza del 2018, che ha reso obbligatoria la prova di un livello B1 di italiano per ottenere la cittadinanza.
La Corte ha sostenuto che la norma viola i principi costituzionali di uguaglianza formale e sostanziale. Imporre il test linguistico a tutti, senza eccezioni, ignora la realtà delle persone in situazioni vulnerabili, generando una forma indiretta di discriminazione. Inoltre, il requisito è contrario al principio giuridico “ad impossibilia nemo tenetur” — nessuno può essere costretto a fare l'impossibile.
Effetti pratici della decisione
Con la sentenza, l'Italia dovrà adattare la propria normativa per esentare dal test di lingua gli stranieri che, per comprovate limitazioni, non sono in grado di apprendere l'italiano.
La decisione potrebbe aprire la strada a una regolamentazione più inclusiva, garantendo un accesso più equo alla cittadinanza per le persone con disabilità e altri gruppi vulnerabili.
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